
In questa epoca parte della nostra memoria privata e individuale è divenuta anche aliena, considerando come molte delle tracce della nostra vita privata siano automaticamente registrate e conservate su memorie artificiali di dispositivi tecnologici. Buona parte di questa memoria è costituita dalla comunicazione non condivisa, secondo il linguaggio informatico, la comunicazione Asincrona, quella costituita da messaggi leggibili a distanza di tempo, in qualsiasi tempo successivo alla loro ricezione, come nel caso degli sms. Asynchronous è un progetto che ha avuto inizio nel 2017.
Circa due anni dopo la morte di mio padre, ho trovato per caso su un vecchio cellulare alcuni messaggi che lui mi aveva mandato qualche anno prima in un periodo in cui vivevo all’ estero. Rileggendo piu’ volte i suoi messaggi, mi sono accorta di come la tecnologia ci aveva aiutati a gestire l’assenza, ma come l’ uso dei dispositivi digitali, aveva inconsciamente alterato la sua, la nostra percezione di distanza rispetto all’ esperienza analogica: qualche volta gli apparivo vicina e quasi tangibile su Skype, come se fossi nella stanza accanto, altrimenti, non ero semplicemente lontana, ero molto più che lontana, sparita nell’ etere, inghiottita dalla notte. Penso che per appartenenza generazionale, egli percepisse la tecnologia come infallibile e utilizzabile sovvertendo le regole abituali della comunicazione
In this epoch, part of our private and individual memory has also become alien from us considering how many traces of our private life are automatically recorded and kept on artificial memories of technological devices. A good part of this memory is constituted by the communication not shared, according to the computer language, the Asynchronous communication, the one constituted by messages readable at distance of time, at any time following their reception, as in the case of sms. Asynchronous is a project that began in 2017.
Almost two years after the death of my father, I found by chance on an old mobile, some texts he sent to me a few years before, in a period in which I was living abroad. Rereading several times his messages, I realized how technology had helped us to handle the absence, but the use of digital devices, had however unconsciously altered his , our, perception of distance instead to the analogical experience: sometimes I appeared indeed close to him and almost tangible when on Skype, as if I was in his next room, otherwise, I was not simply far, I was a lot more far away, gone in the ether, swallowed by night. I think that, for generational belonging, he perceived technology as inerrable, usable by subverting the usual rules of communication.